Qualora un Capo Pecchi… (Vayiqrà 4, 22)
Rashi cita il Talmùd che interpreta la parola ashèr, se, come derivazione di ashré, fortunato. Il versetto, così, suonerebbe: Fortunata (quella generazione) il cui capo ammetterà di aver peccato…
L’essere un buon capo richiede una certa qualità particolare tra le doti. Se da un lato è necessario mantenere l’autorità che la posizione richiede al di là di ogni possibile discussione, che condurrebbe, alla lunga, a una situazione di anarchia, dall’altro un capo deve saper ammettere i propri errori. La verità è la base della Torà, ed è il fondamento dell’universo intero: il sapersi mantenere sempre nella verità non mina l’autorità di un vero capo.
Il più grande, tra le Guide dell’ebraismo, Moshé, mostra di avere in sé tutte le qualità atte al comando. Per sedare una ribellione contro l’autorità della sua posizione egli mostrò con chiarezza assoluta l’origine Divina della sua carica. Quando fraintese una questione legale, Moshé non esitò ad ammettere il proprio errore. Rabbi Chaim Shmuelevitz cita quest’ultimo episodio come emblema della supremazia della verità, che non deve essere mai posta in dubbio.
Moshé fu il portavoce della parola Divina presso Israèl e non c’era modo per il popolo di verificare la veridicità dei suoi insegnamenti. Quando gli fu posto di fronte il fatto di aver interpretato in modo scorretto una legge, avrebbe potuto esitare, temendo che, se avesse ammesso il proprio errore, l’intera Torà forse sarebbe stata posta in discussione. Se Moshé poteva sbagliare, e se aveva sbagliato in quella particolare circostanza, come si sarebbe potuto rassicurare il popolo di Israèl che egli non aveva sbagliato altrove?
Nessuno avrebbe mai potuto contraddire Moshé se egli avesse sostenuto di aver interpretato correttamente ogni particolare. Ammettendo il suo errore, forse non pose l’autorità della Torà intera in grave pericolo? Molto semplicemente avrebbe potuto replicare: «Questo è ciò che D-o ha detto», ma non lo fece, perché sapeva che la verità non avrebbe mai potuto danneggiare la Torà.
Nel Talmùd si trovano molti passi in cui i Maestri difendono con vigore le loro posizioni, ma altrettanti in cui non hanno alcuna remora ad ammettere i propri errori. Gli stessi Saggi del Talmùd lodano i capi che sanno riconoscere quando sono in torto e chiamano fortunata la generazione che da loro è comandata.
Gli esempi forniti dalle Guide del popolo di Israèl devono essere seguiti da tutti nella vita quotidiana. Non si deve mai temere o esitare nel difendere l’autorità di una posizione, ma allo stesso tempo è necessario non tirarsi indietro di fronte all’ammissione dei propri torti.
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