La haftarà di questa settimana, tratta dal libro del profeta Isaia (Isaia 43, 21-44, 23) comincia con la definizione del popolo ebraico da parte di D-o con le parole: Questo popolo che mi formai… Il Signore in questo modo dichiara che tutti gli ebrei uomini, donne e bambini in tutti i tempi e in ogni luogo, sono unici, poiché sono la Sua nazione.
Poiché la parte letta come settimanalmente come haftarà, brano aggiunto, corrisponde nello spirito al capitolo di Torà che si legge, è necessario comprendere tale relazione e, in questo caso, particolarmente la connessione che intercorre tra la prima frase della parashà di Vayiqrà e la prima alla haftarà relativa.
La Torà dice: Il Signore chiamò Mosè… (Levitico 1, 1)
E la haftarà: Questo popolo che mi formai…(Isaia 43, 21)
Inoltre, perché D-o si riferisce al popolo ebraico come il popolo che formai, impiegando questo verbo piuttosto che creare o fare, entrambi più comuni? E perché il Signore allude al popolo chiamandolo la sua nazione invece che i figli di Israele?
Il fatto che D-o consideri Israele come sua nazione implica una relazione simile al legame che intercorre tra un re e il suo popolo. Perché una nazione può essere considerata tale solo quando vi è chi la governi e, d’altro canto, un re può essere sovrano solo quando vi sia un popolo su cui regnare.
Hanno detto i Maestri: Non vi può essere re senza nazione (Bachya, Vayeshev 38, 30 e principio di Balak; Shaar Hayichud Vehaemunà 7).
Questo è come dire che ciò che veramente dà sostanza al regno e al suo governante sono i suoi sudditi, dai quali non dipende solo la sua gloria o la sua maestà, ma il suo stesso esistere. Di conseguenza D-o dipende completamente dal popolo ebraico, poiché ne è il Re.
Quando un sovrano emette i suoi decreti atti a governare il comportamento di altri uomini, deve sussistere un legame essenziale tra lui e le persone, perché solo in virtù di questo egli potrà veramente condurre il suo popolo.
Il versetto che dà inizio alla haftarà ci fa comprendere che il popolo ebraico esiste solo in quanto nazione di D-o, che l’ha formata, e questo fatto non è soggetto a cambiamenti, perché viene dal Signore stesso. Proprio come Lui è immutabile così lo sono le sue scelte.
Dopo che D-o ha dato la Torà – e il popolo ebraico ha accettato la sua sovranità in ogni tempo – ogni singolo ebreo è parte della nazione ebraica e questo fa sì che D-o sia Re, perché non può esiste re senza nazione.
In altre parole ogni ebreo automaticamente è parte della nazione che Io ho formato; la sua relazione essenziale con D-o non è determinata da quanto si applichi allo studio della Torà o alla pratica dei precetti che essa contiene. Secondo le parole dei Saggi: Un ebreo, anche se ha commesso una colpa, è pur sempre un ebreo (Vayiqrà Rabba 2, 2; cf anche Midrash Shmuel 19).
Sebbene un regnante sia incomparabilmente superiore a coloro che suono soggetti a lui, eppure essi, in qualche modo devono essere simili a lui.
Si potrebbe pensare che la sola somiglianza possibile tra D-o e il popolo esista e sia possibile solo a livello dell’essenza dell’anima, ma non è così. A livello si manifesto tale similitudine si mostra quando l’ebreo studia Torà e applica i precetti. (Saggio basato su Sefer Hasichot 5750, I, 378)
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