Il Talmùd (Ta’anìt 27b) cita una breve conversazione tra D-o e Avrahàm. Il patriarca chiese in quale modo i suoi discendenti avrebbero potuto farsi perdonare qualora avessero peccato. D-o rispose che il Bet Hamikdàsh avrebbe provveduto a ciò, permettendo loro di portare i sacrifici.

Allora Avrahàm chiese ancora: «Ma come faranno quando non ci sarà più il Bet Hamikdàsh?».

Rispose D-o: «Anche a quello ho già provveduto: essi leggeranno i rituali relativi ai sacrifici e grazie a ciò si faranno perdonare per i loro peccati».

Oggi, quindi, poiché il Bet Hamikdàsh non e edificato e non si presentano più i sacrifici, non è più possibile adempiere ai precetti ad essi relativi, si leggono ancora i brani che ne insegnano la normativa, nel tempo appropriato, in modo tale che la lettura della Torà si sostituisca, nei nostri giorni, all’atto materiale, come è detto dal versetto di Oshè’a (14, 3): Le nostre labbra sostituiranno i sacrifici, ovvero le nostre preghiere prenderanno il posto degli animali che non possiamo più portare in sacrificio.

La recitazione quotidiana dei brani relativi ai sacrifici ha lo scopo, dunque, di redimere Israel dai peccati.

C’è anche un’altra ragione che indusse i Saggi a stabilire che si leggessero tali brani nel momento appropriato in ogni tempo: si tratta del fatto che, poiché si prega quotidianamente affinché il Bet Hamikdàsh sia presto ricostruito nei nostri giorni, e necessario avere familiarità con il corretto adempimento di tutte le mitzvòt e quindi è necessario mantenere ben presente nella memoria del popolo il rituale che sarà presto ripristinato nel Santuario di Gerusalemme, riedificato con l’arrivo del Messia.