Nonostante fosse fisicamente identico al padre (Rashì su Genesi 25:19), per formazione spirituale, personalità ed approccio Isacco era completamente diverso da Abramo. Entrambi servivano D-o con tutta l’anima e con tutto il cuore, ma secondo la mistica, Abramo incarnava amore e bontà senza limiti, mentre Isacco era la personificazione del timore e della restrizione. Di fronte a circostanze assolutamente identiche in cui i due patriarchi, in momenti diversi, si trovarono, reagirono in due modi diversi. Entrambi dovettero affrontare una carestia e Avrahàm lasciò la terra e si recò in Egitto; nel caso di Yitzchàk invece, D-o gli apparve e gli disse in maniera inequivocabile: “Non andare in Egitto; risiedi qui, in questa terra…” (Genesi26:2). Isacco era stato immolato sull’altare, rappresentava “un’offerta senza difetti” (per essere idoneo al sacrificio un animale non poteva avere alcun difetto N.d.R.), era consacrato e non poteva lasciare la terra santa (Rashì e Midràsh). In un certo senso però, anche Avrahàm era “senza difetti”; il primo monoteista, colui che fu miracolosamente salvato dalla fornace di Nimròd, colui che D-o si recò a “trovare” quando era sofferente dopo la milà, colui che discusse con D-o per salvare la gente di Sodoma – non era forse anche lui “santo”?

L’Ambiente Esterno

Per la sua sensibilità spirituale, dotato di uno spirito delicato, Isacco non poteva sopportare la dissacralità (che ai tempi era la forza prevalente nella terra di Chenaan). Abramo dal canto suo era immune all’impurità: nato in una famiglia di idolatri per poi abbracciare la verità e insegnarla al mondo intero; l’Egitto, terra di paganesimo e impudicizia, non lo contaminava. Sapeva come relazionarsi a un mondo sacrilego conoscendone mentalità, spirito e linguaggio; sapeva stare in compagnia di idolatri e farne dei monoteisti. Isacco, al contrario, era troppo spirituale per affrontare il profano, non riusciva ad abbassarsi. La sua raffinata spiritualità inorridiva perfino al minimo presagio di impurità. Non capiva né tollerava una cultura che dava valore e adorava altre cose all’infuori del D-o unico. È evidente quindi che Isacco non poteva avere alcun impatto sull’ambiente esterno e nessuna possibilità di migliorarlo.

La Parola e L’Esempio

Avrahàm era un uomo di dialogo e di aperta discussione e la sua eloquenza e abilità oratoria convincevano molti ad unirsi alla sua fede. Yitzchàk più che altro stava con se stesso. Era più concentrato sulla sua ascesa spirituale che sulla “discesa”, per poi far ascendere gli altri. Immerso nello studio e nella preghiera, il suo cammino di vita era costantemente verso l’Alto, in una continua ricerca di approfondimento e rafforzamento del legame con D-o. Abramo insegnava; Isacco studiava, ma quello che non articolava con la parola, lo esprimeva nelle azioni, e anche i fatti parlano. Era un esempio vivente di servo di D-o, la personificazione della Verità e coloro che lo vedevano ne restavano necessariamente ispirati ed impressionati, e la loro vita cambiava per sempre. I Filistei riconobbero la sua grandezza senza bisogno che egli proferisse verbo e affluirono a lui come il metallo è attratto dal magnete. In realtà i due patriarchi avevano lo stesso obiettivo, ossia avvicinare la gente a D-o, ma i metodi (e forse anche i risultati) erano diversi. Abramo si abbassava al livello dei suoi alunni e poteva arrivare a persone che Isacco non poteva in nessun modo avvicinare. Avrahàm interagiva con le persone più idolatre e moralmente basse; Yitzchàk avvicinava persone più fini ed elevate, che per affinità di carattere erano portate a rivolgersi a lui. Possiamo dire che mentre Abramo si abbassava al livello dei suoi studenti, Isacco li elevava al suo, e li avvicinava in un modo in cui suo padre non poteva. Proprio perché Isacco poteva solo essere visto ma non sentito, lasciando i suoi studenti a meditare per conto loro, essi giungevano da soli alle conclusioni. L’influenza di Avrahàm si estendeva in espansione, quella di Yitzchàk in profondità. L’impatto di Abramo però ebbe vita relativamente breve; dopo la sua morte i suoi seguaci svanirono poco a poco. Senza la sua presenza e la sua efficacia oratoria, non si sentivano più obbligati e trascinati a seguire le sue vie. L’impatto di Isacco gli sopravvisse, perché portava le persone a cambiare da dentro, per meditazione e introspezione, e non per imitazione.

Di Mendel Kalmenson, chabad.org