La Torà racconta come dopo l’alluvione Noach si fosse ubriacato e si fosse svestito. Shem e Yafet furono molto attenti a non guardare la nudità di loro padre - e camminarono all’indietro con i loro visi girati all’indietro e non videro la nudità di loro padre. La ricompensa che ottennero accentua questa qualità: “Benedetto sia l’Eterno D-o di Shem e che Kenaan sia loro servo. Che D-o accresca Yaafet e che egli risieda nelle tende di Shem.”
Tuttavia questa storia presenta degli aspetti alquanto sorprendenti. È ovvio, considerando il fatto che Shem e Yafet avessero camminato all’indietro, che essi non avessero visto la nudità del loro padre. Perché la Torà aggiunge allora le parole apparentemente ridondanti – “e non videro la nudità di loro padre”?
Il Prossimo come uno Specchio
Un insegnamento del Baal Shem Tov ci insegna che se vediamo qualcosa di male in una persona, è un segno che lo stesso male esiste dentro di noi. Proprio come uno specchio: se l’immagine riflessa del viso non è pulita, significa che il nostro stesso viso non è pulito. Ma potremmo chiederci: “perché non siamo capaci di vedere veramente il male nel prossimo senza dover essere noi stessi proprietari della medesima colpa?”
La ragione è che la Provvidenza Divina è presente in ogni evento. Se vediamo il male nel prossimo, anche questo fa parte del disegno divino, mostrandoci cosa dobbiamo correggere. Abbiamo bisogno che le nostre colpe ci vengano mostrate in modo indiretto poiché l’amore copre tutti i difetti e l’amor proprio è sempre molto forte. L’uomo è cieco di fronte alle proprie mancanze. Di conseguenza c’è bisogno che gli vengano rappresentate da qualcun altro per portarlo a riflettere su se stesso. Ma il compito di un ebreo non è soltanto la perfezione personale ma anche l’aiuto al miglioramento del suo prossimo: “correggerai il tuo amico, persino cento volte”. È quindi sicuro che quando vede gli errori commessi dal suo amico, la Provvidenza vuole da lui che lo aiuti a correggerli e non solo ad interrogarsi sulle proprie debolezze.
Notare e Correggere
Quando vediamo un ebreo che si comporta male, la nostra prima preoccupazione deve essere quella di ricercare la halachà (ossia il dovere) richiesta, rimproverarlo e tentare, con tatto e gentilezza, di correggerlo. Ma quando osserviamo questo male come una sua mancanza (ovvero che la nostra attitudine è critica senza essere costruttiva), questo è la prova stessa che è uno ‘specchio’ e che la colpa è in noi. Questo spiega perché la Torà, dopo aver detto che Shem e Yafet girarono i loro visi da Noach, aggiunge “e non videro la nudità di loro padre”.
Questo viene a sottolineare che non solo non la videro (fisicamente), ma che non furono neanche coscienti della sua colpa, essendo la loro unica preoccupazione di fare ciò che era giusto fare (coprirlo con un mantello).
Cham, il terzo fratello, quanto a lui, guardò suo padre. Questo episodio ci insegna quindi la lezione seguente: non solo dovremmo tacere a proposito degli errori degli altri (contrariamente a Cham che raccontò ai suoi fratelli ciò che era successo a loro padre), ma non dovremmo
neanche pensarci tranne nel caso in cui è nostra intenzione aiutarli a correggerli. Colui che segue questo insegnamento prende parte alla ricompensa Benedetto sia l’Eterno D-o di Shem che D-o elargisce a Yafet- e contribuisce all’amore unitario e fraterno d’Israel che farà venire Mashiach nel mondo.
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