Nella parashà di Shelàch, D-o ingiunge al popolo di entrare in Israele. La loro missione consisteva nel trasformare la terra pagana di Chena'an in Terra Santa di Israele. Questa sfida serve anche da metafora per ogni ebreo che deve quotidianamente rendere puro ciò che non lo è. D-o impartisce di “mandare delle persone per esplorare la terra”.

L’esplorazione rappresenta una delle caratteristiche dell’israelita: ovvero cercare per trovare. Per ottenere i risultati ai quali ambisce, egli deve essere consapevole del fatto che questi non gli saranno serviti su un piatto d’argento ma che, anzi, dovrà metter in moto sia l'intelletto che il corpo, sia la mente che le braccia, attingere energie sia dalla sua forza mentale e spirituale che da quella fisica. Solo così godrà dei frutti del suo lavoro.

Perchè allora, la missione in avanscoperta nella Terra Santa fallì? Effettivamente, la Terra presenteva delle sfide che sembravano difficili da vincere. Tuttavia essa era stata promessa dal Sig-re Stesso, quindi gli Israeliti sarebbero dovuti essere fiduciosi nel buon esito dell’impresa. Tuttavia, invece di pianificare un programma serio ed efficiente al fine di meritarne l’eredità, i dodici esploratori scelsero la via facile della rassegnazione dichiarando a tutti che stabilirvisi era una missione impossibile.

Questo atteggiamento errato non va emulato. Infatti gli ostacoli vanno affrontati e sormontati, è necessario e primordiale esaminare e scegliere con calma, tenacia e raziocinio le opzioni che ci permettono di trovare le soluzioni migliori ai problemi della vita. Questo è il messaggio della Torà. Nella parashà si parla altresì del concetto di “inizio”. La Torà stessa si apre con “all’inizio creò il Sig-re il cielo e la terra”. I capitoli di questa settimana riportano i comandamenti inerenti all’inizio del processo di preparazione della Challà-Pane di Shabbàt.

Nei nostri giorni, dall’impasto preleviamo una piccola porzione come gesto di offerta al Creatore. Ai tempi del Bet-Hamikdàsh essa veniva donata al Cohèn. I testi ordinano: “I primi grumi della ciotola dell’impastatura, li darete a D-o come offerta: ciò sarà applicato in tutte le generazioni”. Il termine arissà -ciotola, recipiente, ha anche un altro senso: culla. Le regole sul prelievo indicano che prima di intraprendere qualsiasi attività, dobbiamo esprimere la nostra gratitudine ad Hashem.

La culla è il luogo occupato dal neonato, pertanto, simboleggia l’esordio nella vita. Come consacrare un bambino al Sign-re? Tramite l’educazione. Ogni momento dedicato all’insegnamento della bellezza della Torà lega il presente al futuro e assicura alla discendenza enunciata dal versetto una vita segnata dalla rettitudine morale e dall’attuazione della volontà divina. Questo vale per l’alba. Appena svegliati si pronuncia Modé-Anì, Shemà-Israel e si mettono i teffilìn. Queste preghiere simbolegggiano la challà consacrata. Così, il resto della giornata proseguirà con successo. In egual modo, le generazioni future saranno felici, sane, saporite, fragranti e generose come il pane fresco appena sfornato.