Nel corso dei secoli, la fede dell'ebreo venne spesso messa alla prova. E sebbene queste prove fossero state diverse a secondo dell'epoca e del luogo esse rientrano, in generale, in due categorie: le prove connesse con uno stato di povertà e di oppressione e quelle connesse con la "ricchezza" ed i piaceri terreni. Delle due prove quella della ricchezza è la più diffìcile da superare.

Il profeta Isaia, quando parla della futura redenzione del nostro popolo ad opera del Mashiah (il Messia) dice: "...i perduti nell'Assiria e i dispersi in Egitto verranno a prostrarsi al Signore". L'Assiria e l'Egitto simbolizzano rispettivamente le prove della "ricchezza" e della "povertà".

Nell'esilio egiziano gli ebrei furono sottoposti, tanto nel campo fisico che in quello spirituale, ad una dura oppressione. Tenuti schiavi, nelle condizioni più abiette, costretti a lavori pesanti e ardui, essi erano veramente impoveriti, non potendo soddisfare i loro fondamentali bisogni spirituali e materiali.

L'Assiria, invece, simbolizza la prova e la tentazione della ricchezza e del benessere. Nell'esilio assiro non c'era schiavitù, ed i beni materiali abbondavano. Inoltre, nessun decreto poneva dei limiti alla loro vita spirituale, e le attività religiose potevano svolgersi senza ostacoli. Sennacheribbo, il monarca assiro che trasse in esilio il popolo ebraico, voleva solo che questo lasciasse la Terra Santa "una terra...sulla quale continuamente si posano gli occhi del Sign-re dal principio alla fine dell'anno" e venissero a vivere in Assiria. In Terra Santa gli ebrei avevano sempre presente la Divinità (essi poterono, per esempio, assistere ai dieci miracoli nel Bef haMikdàsh di Gerusalemme). Sennacheribbo voleva invece che gli ebrei lasciassero tutto ciò dietro a sé. Voleva che vivesserò in Ashùr (Assiria), in un paese felice, ricco di dovizie e di piaceri. In questo modo egli poteva indurii a dimenticare D-o e le Sue leggi.

Anche se nell'esilio assiro regnava l'agiatezza, il profeta, nel riferirsi agli ebrei d'Assiria, dice in forma terminante ed incisiva che essi erano "perduti". D'altra parte, quando parla degli ebrei d'Egitto, impiega il termine più blando "dispersi". Evidentemente l'esilio egiziano (povertà ed oppressione) costituiva una prova meno difficile dell'esilio assiro (benessere).

Oggi pure vediamo milioni di ebrei che vivono oppressi e privi di tutto, in un "Egitto" contemporaneo. Tuttavia la loro identità ebraica è intatta, e non hanno dimenticato D-o. I duri decreti e la privazione dei loro fondamentali diritti religiosi fanno sì che essi siano "dispersi" e banditi solo momentaneamente, ma nel loro intimo essi desiderano ardentemente l'Esodo dall'Egitto, per poter vivere una vita veramente ebraica, dedita alla Torà e alle mitzvòt. D'altra parte, vediamo pure le comunità dell'odierna "Assiria", nel mondo libero. Vediamo comunità che vivono in un clima d'abbondanza e Ìn assoluta libertà, che possono professare la loro religione ed osservare le mitzvòt con lo stesso entusiasmo a dedizione come avveniva nelle Comunità dell'Europa Orientale 50 o 100 anni fa. E tuttavia gli ebrei "Assiri" non hanno finora approfittato di questa preziosa opportunità. Il benessere e la sicurezza hanno avuto su di essi una influenza così decisiva, da dover considerarli "perduti". Come ai tempi d'Isaia, la prova della ricchezza è sempre ancor oggi la più difficile da superare.