Era di nuovo venuto il giorno in cui le schiere del Cielo si erano radunate davanti al Signore. Tra loro c’era anche Satana. Allora D-o gli chiese: «Quando sei andato sulla Terra hai veduto anche Abramo? Hai notato come sono grandi la sua fede e il suo timore di D-o?».
Satana rispose: «Non c’è da meravigliarsi. Egli ti serve solo perché tu soddisfi i suoi desideri. Gli hai appena dato un figlio in così tarda età. Prova a imporgli di offrirti in olocausto questo figlio. Vedrai che egli si rifiuterà e non obbedirà al tuo comando».
Allora fu dato ad Abramo l’ordina di D-o: «Prendi tuo figlio e offrilo a me in olocausto».
Abramo disse: «Io ho due figli e non so quale dei due prendere».
D-o disse: «Prendi il tuo figlio unico».
E Abramo: «Sia Isacco sia Ismaele sono figli unici delle loro madri. Sara mi ha partorito Isacco e la mia serva Hagar mi ha partorito Ismalele».
E D-o: «Prendi tuo figlio, il tuo unico, quello che ami».
Abramo disse: «Sia Isacco sia Ismaele mi sono cari».
E D-o: «Prendi tuo figlio, il tuo unico, quello che ami, Isacco, e sacrificalo a me sulla montagna che ti indicherò».
Perché Sara non morisse dal dolore e dall’angoscia Abramo si permise una pietosa bugia e le disse che intendeva portare Isacco a studiare in una città lontana perché divenisse costumato e saggio. A capo di quella scuola vi era Sem, il capostipite dei semiti.
Quando Abramo e Isacco furono in cammino, Satana fece ogni sforzo per distogliere entrambi dal loro proposito, tramutandosi in un vecchio e parlando al padre e poi in un giovane, per parlare al figlio, ma i suoi intrighi non giovarono. Allora si tramutò in un torrente in piena. L’acqua salì a entrambi prima alle caviglie e poi fino alla gola. Abramo già temeva di non poter arrivare in tempo e illeso al luogo destinato, ma poi si ricordò che in quel posto non vi era mai stato alcun torrente. Subito comprese il misfatto di Satana, inveì contro di lui e il torrente scomparve.
Allora Satana dovette concedere al buon D-o che in tutto il mondo non c’era un uomo come Abramo.
Quando Abramo fu arrivato, con il figlio Isacco, sulla cima del monte Morijà e si accinse a sacrificarlo, il buon D-o lo trattenne e gli mandò invece un montone. Satana voleva impedire anche questo e impigliò l’animale in una siepe. Abramo lo vide, lo liberò e lo sacrificò come D-o aveva detto. Di questo montone rimasero le ceneri, che in seguito sarebbero rimaste ad ardere nel sacro Santuario, i tendini, che divennero le corde della lira di Davide, la pelle servì come cinto al profeta Elia, nel suo corno sinistro D-o soffiò sul monte Sinai e nel destro, che era più grande del sinistro, D-o soffierò in futuro per radunare i dispersi figli di Israele dai quattro angoli del mondo.
Ciò nonostante Satana non volle abbandonare la sua condotta diabolica. Qualcuno della famiglia di Abramo doveva diventare vittima dei suoi intrighi. Quindi egli si recò da Sara nelle sembianze di un vecchio e le disse: «Sara, o tu la più infelice di tutte le madri! Non hai sentito cos’è successo a tuo figlio Isacco? Che Abramo lo ha portato su un monte per ucciderlo là, sopra un’ara? Il ragazzo ha gridato, ha pianto e ha supplicato d’aver pietà di lui, ma tuo marito non gli ha prestato ascolto e lo ha spietatamente ucciso».
Quando Sara udì questo, l’assalì un orrore profondo, le si oscurarono gli occhi, si gettò a terra e si cosparse di polvere il capo. Cominciò a piangere a gran voce e a invocare: «O figlio mio, Isacco, figlio mio, figlio mio! Potessi morire oggi al posto tuo. Figlio amato, bene del mio cuore, tu ho allevato ti ho amato con tutto il cuore e con tutta l’anima. Tu eri la mia gioia, la mia consolazione. E, ora, sarebbe meglio che io morissi, anziché vivere!».
I suoi lamenti mossero a compassione persino Satana, che mutò le sue sembianze e prese quelle di Isacco (Tanchuma; Sefer Hajashar).
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