E l’uomo prese un anello d’oro, del peso di mezzo shèkel e due braccialetti d’oro di dieci shèkel per le sue mani (Genesi 24:22)".

Rashì spiega: il peso dell’anello corrisponde al mezzo shèkel-siclo portato da ognuno degli israeliti come offerta al Bet-Hamikdàsh-Tempio. I Testi usano non meno di 27 versetti per descrivere le varie fasi preparative dello sposalizio tra Yitzchàk-Isacco e Rivkà-Rebecca.

L’intento è quello di indicare ai Benè Israel-gli israeliti la via da seguire quando si desidera accasare figli, parenti, amici o conoscenti: la prassi inizia mediante uno shadchàn-sponsale, poi ci si informa sulla famiglia, indi si organizza il primo appuntamento tra i futuri sposi ecc.ecc. L’intera cronaca delle nozze della nostra parashà è riportata due volte, la prima per prescrivere le modalità di un’unione nel senso stretto del termine e la seconda quale metafora del matrimonio cosmico tra il popolo ebraico ed il Creatore.

Il mezzo shèkel - ovvero l’anello, simbolo e sigillo dell’unione - dei versetti sopra citati preannuncia l’ammontare dell’offerta che ognuno degli israeliti doveva versare, qualche secolo dopo, quale contributo alla costruzione del Mishkàn, il Santuario. Maimonde s’interroga: come mai D-o esige una metà di qualcosa allorchè la Torà è sempre cavillosa riguardo alla completezza e alla perfezione degli strumenti con i quali le mitzvòt devono essere applicate? Ad esempio, gli animali per i sacrifici non dovevano recare alcun difetto, per la mitzvà del Lulav a Succòt è tassativo un cedro bellissimo e privo di macchie, a Shabbàt la benedizione va recitata su due pani interi e via dicendo.

Di conseguenza, sarebbe stato logico imporre una cifra tonda, intera, non una metà. Inoltre, la Torà precisa che mezzo shèkel equivale a 20 gherà, evitando palesemente di menzionare il numero dieci mentre esso è sempre stato evocato come massima espressione della perfezione: Hashèm creò il mondo con Dieci Parole, la Torà è inclusa integralmente nei Dieci Comandamenti, D-o si connette con la Sua creazione tramite Dieci Attributi Divini (le dieci sefiròt, sfere) e l’anima dell’uomo, creata secondo l’immagine di D-o, è costituita da Dieci Forze.

Ciò viene a dimostrare che il matrimonio è la ricongiunzione di due esseri complementari, di due mezze anime appartenenti alla stessa entità che sono state separate alla nascita. Pertanto, prima di ritrovarsi, ognuno deve vivere la sua vita come una metà, come un essere incompiuto e insoddisfatto. Parallellamente, per unirci al Creatore, l'anello della fede che doniamo ammonta a mezzo shèkel, 20 gherà (ciò implica che sta a noi prendere l’iniziativa). Ma nel periodo antecedente all’offerta, dobbiamo essere consapevoli che le nostre Dieci Forze fanno parte della metà di quello che siamo veramente.

Lo stesso per i Dieci Attributi Divini: essi costituiscono solo la metà di ciò che è Hashem. Coinvolgendo anima e corpo nel nostro Servizio Divino del Mishkàn, ci ricolleghiamo a D-o formando, insieme, un tutt’uno. Concludendo, il mezzo shèkel - l'anello, la fede, il matrimonio di fatto - è la somma di due volte dieci: Dieci Forze dell’uomo e Dieci Attributi Divini, finalmente riuniti grazie alla tenace e viscerale volontà umana.