Disse Rabbì Achà: Le parole dei servi dei Padri sono più desiderabili della Torà dei figli, poiché la storia di Elièzer è riportata nella Torà due volte mentre molti princìpi della legge della Torà sono enunciati solo per allusione… (Midràsh).
L’uomo non è definito per la sua intelligenza o spiritualità ma per la sua facoltà della parola. Quando D-o creò l’uomo e soffiò nelle sue narici, è scritto che “l’uomo diventò un’anima vivente”, e nella sua traduzione/commento della Torà Onkelos traduce “e l’uomo diventò uno spirito parlante”; inoltre, sempre nell’ottica della Torà, l’uomo è definito “medabèr”, “essere parlante”. Questo significa che la facoltà della parola è la componente essenziale della nostra missione di vita.
Lo Sforzo della Parola
Nella Creazione del mondo, non è scritto che D-o fece il mondo ma che D-o disse: “ci sia luce” e fu luce; “che la terra produca vegetali” e così fu… Ciascuna creazione è contenuta in una delle dieci espressioni con cui il mondo fu creato. Quando D-o creò il mondo stava comunicando, e voleva vedere i Suoi pensieri prendere forma. Quando noi parliamo, anche noi creiamo; anche noi ci estendiamo oltre la realtà della nostra esistenza per riprodurre la nostra visione della realtà nelle menti, nei cuori e nelle azioni degli altri. Se consideriamo la parola come sinonimo di creatività, possiamo cominciare a capire perché lo sforzo della parola è peculiare degli esseri umani. È scritto nel Talmùd “L’uomo è nato per faticare” (Sanhedrìn 99b), e in effetti quello che riteniamo significativo è soddisfacente nella vita è il prodotto delle nostre fatiche, ciò che guadagniamo con il nostro sudore e il nostro lavoro, l’obiettivo raggiunto in seguito allo sforzo per ottenerlo. Perché l’uomo è stato creato così? Perché è previsto che l’uomo debba faticare e combattere per realizzarsi nella vita?
Ruolo Attivo
In un mondo che non prevede sforzi, l’uomo sarebbe il beneficiario passivo dei regali di D-o; D-o invece desidera che l’uomo sia Suo partner nella creazione. In effetti, noi fatichiamo quando le nostre azioni mirano a cambiare una condizione esistente: in questo contesto incontrano resistenze e forze opposte. Un’azione che non incontra ostacoli è un’azione che non mira a cambiare nulla. Lo sforzo rappresenta proprio il punto in cui cominciamo a dare il nostro contributo fattivo al mondo, e raggiungiamo il livello più alto di “partnership” con D-o quando ci avvalliamo della facoltà della parola, ossia della nostra creatività, quando ridefiniamo la realtà comunicando agli altri le nostre esperienze. Nel passo del Talmùd che parla della fatica dell’uomo, lo sforzo della parola è accomunato allo sforzo della Torà. Le Dieci Espressioni con cui fu creato il mondo sono infatti rispecchiate nelle Dieci Espressioni dei dieci comandamenti, i quali rappresentano l’obiettivo di elevare la realtà implementando la volontà Divina nella nostra vita di tutti i giorni.
Il Racconto di Elièzer
Nella parashà di Chayè Sarà è riportata la vicenda di Elièzer, servo di Avrahàm, che il padrone incarica di cercare una moglie per il figlio Yitzchàk. Ci viene detto una prima volta “in tempo reale” cosa succede a Elièzer e il modo in cui incontra la sposa; quando il servo si reca dalla famiglia della ragazza racconta tutta la vicenda, che viene nuovamente riportata nella Torà in tutti i suoi dettagli (Genesi 24). La Torà impiega in tutto ben 67 versi: scelta inusuale perché in genere la Torà è piuttosto avara di spiegazioni e concisa nelle sue narrazioni. Ebbene, possiamo ritenere che uno dei motivi sta nel fatto che questa vicenda è un esempio dello sforzo della parola, lo sforzo di creare un mondo insieme a D-o. Gli eventi che conducono al matrimonio di Yitzchàk e Rivkà sono perfettamente naturali, definibili come pure “coincidenze”. Elièzer trasforma questi eventi in una significativa narrativa, descrivendo il modo in cui ha pregato per raggiungere l’obiettivo e trasmettendo il messaggio che si tratta di rivelare le azioni di D-o, e non i casi di un cieco destino. Infatti dice alla famiglia di Rebecca: “La cosa è stata decisa da D-o”. Le parole di Elièzer sono più desiderabili della Torà dei figli perché D-o trae particolare piacere dalla nostra “società” con lui mentre siamo occupati nelle nostre vicende quotidiane e Lo integriamo nei dettagli più comuni e ovvi della narrativa della nostra vita.
Parliamone