La parashà di questa settimana ha inizio con l’ordine che D-o impartisce ad Avrahàm: "Va via dal tuo paese, dal tuo parentado, dalla tua casa paterna al paese che ti indicherò".

In seguito a quest’ordine di lasciare la casa paterna e di andare in un paese straniero, Avraham si trovò a dover affrontare una delle dieci prove cui D-o volle sottoporlo.

Negli insegnamenti impartiti dai Maestri del Chassidismo il viaggio di Avraham viene paragonato al viaggio, alla discesa dell’anima Divina dalle sfere spirituali al corpo umano. I Maestri dissero che tutte le anime si trovano alla presenza della Maestà Divina prima di scendere sulla terra. Ciò rivela la vera essenza dell’anima, la sua santità e purezza e come le sia completamente estraneo tutto ciò che è materiale e fisico. L’anima stessa, per sua natura, non è soggetta a tentazioni o desideri materiali che possono avere origine solo dal corpo fisico e dall’anima animalesca.

Comunque fu volontà del Creatore che l’anima, la quale è veramente una parte delle Supreme Sfere Celesti, lasciasse la sua dimora abituale e la casa di suo padre e discendesse nel mondo grossolano della materialità, per rimanere lunghi anni in esilio unita al corpo fisico in una situazione estranea totalmente alla sua natura. Tutto ciò affinché l’anima potesse compiere la sua missione Divina: quella di nobilitare ed elevare il corpo fisico e l’ambiente che lo circonda con una vita dedicata alla Torà e alle mitzvòt.

Quando l’anima compie questa sua missione tutte le sofferenze e i dolori transitori, collegati alla sua discesa su questa terra, non troveranno solo la loro giustificazione, ma appariranno del tutto trascurabili in confronto all’immensa ricompensa e all’eterna benedizione di cui l’anima potrà godere.

Da quanto detto sopra è possibile rendersi conto quale sia la tragedia di un uomo che trascuri la missione dell’anima sulla terra. Infatti, in questo modo egli condanna la sua anima a soffrire lunghi anni inutilmente e la priva dell’eterna beatitudine che il Signor le avrebbe concesso. Perfino nel caso di persone che non mancano di dedicarsi, in certi momenti, allo studio della Torà e alla pratica delle mitzvòt è triste vedere quanto spesso sia assente ogni vero entusiasmo ed ogni intima gioia, in quanto gli uomini non si rendono conto che proprio queste sono le attività che danno una ragione alla nostra vita.

Se si riflette sul valore della Torà e delle mitzvòt che permettono all’anima di raggiungere la perfezione e di adempiere alla Volontà Divina, si accetterà con vera gioia il proprio destino ad onta di tutte le difficoltà e gli ostacoli interiori o esteriori che sono inevitabili in questo mondo. Sarà possibile vivere allora secondo il precetto: Servite il vostro Signore con gioia che uno tra gli insegnamenti fondamenti del Ba’al Shem Tov.

(Tratto da una lettera del Rebbe di Lubavitch; tradotto in Il Pensiero della Settimana a cura del rabbino Shmuel Rodal).

Tratto dal sito Cyberdrasha.it