Terach, il padre di Abramo, era al servizio degli idoli. Possedeva perfino una speciale abilità nella produzione di simulacri di idoli sì da averne una grande quantità, di grandi e di piccoli, che offriva in vendita.
Una volta Terach si assentò da casa e diede ad Abramo l’incarico di badare agli idoli. Proprio allora venne della gente per prostrarsi agli idoli. Ogni volta Abramo chiedeva a coloro che venivano che età avessero e, qualora quelli dicessero di avere 50 o 60 anni, Abramo li riprendeva dicendo: «Non vi vergognate? Siete già così vecchi e volete prostrarvi dinanzi a un simulacro che mio padre ha scolpito ieri?».
Arrossendo per la lezione del ragazzo, la gente si allontanava senza aver compiuto alcun gesto di venerazione.
Poi venne anche una donna, portando una scodella di farro da offrire agli idoli.
Abramo pose la scodella davanti all’idolo più grosso. Poi prese un’ascia e fece a pezzi tutti gli altri, posando quindi l’ascia in braccio all’idolo grosso.
Quando Terach tornò a casa e vide quella rovina, andò fuori di sé dall’ira.
«Dov’è il criminale che ha fatto questo?» gridava.
«Non vedi l’ascia in braccio all’idolo più grosso?» rispose Abramo, e continuò: «Vedi, una donna ha portato questa scodella di farro come offerta. Tutti gli idoli volevano avere una parte del farro, ma questo non garbava al più grosso, che ha preso un’ascia e ha ucciso tutti gli altri».
«Tu certo mi prendi in giro, gli idoli non vedono, non sentono e neppure possono muoversi dal loro posto».
«Padre, ecco – disse allora Abramo – solo questo volevo udire da te. Come puoi adorare divinità che non possono difendersi? Che la mano dell’uomo può creare o distruggere? Non vedi che c’è l’Onnipotente al quale la terra, il sole e tutti gli astri devono la loro esistenza?» (Bereshìt Rabbà 38, 19).
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